La luce come linguaggio
La luce è un linguaggio.
Interviene sul modo in cui percepiamo, ricordiamo, abitiamo.
Unisce arte, design, educazione e patrimonio in una pratica progettuale capace di generare significato.
Non è un elemento di contorno: è una scelta culturale.
Ogni sorgente illumina e, insieme, interpreta.
Progettare luce nei luoghi di cultura
La luce racconta senza parole.
Guida lo sguardo, orienta il corpo, attiva la memoria.
Crea ambienti percettivi, legami emotivi, connessioni sociali.
Anche quando non si vede, si sente: per chi non vede, è suono, calore, spazio abitabile.
Una competenza trasversale
Progettare luce è una competenza trasversale.
Richiede metodo, consapevolezza, visione.
Ogni ambiente illuminato è un testo: va costruito, letto, restituito.
Non basta accenderla. Va pensata, modulata, resa narrativa.
Uso la luce come leva culturale.
Per rendere visibile e accessibile il patrimonio culturale
Tutto parte da una domanda.
Quella giusta. Quella che sposta lo sguardo.
Cosa rende un’esperienza davvero memorabile, capace di lasciare traccia?
Oppure cosa succede quando attraversiamo un museo con un’intenzione chiara, invece che con un itinerario da seguire?
Ho scelto di agire da qui.
Dagli spazi della cultura, della memoria condivisa, del patrimonio che ci appartiene.
Luoghi che non vanno solo esposti, ma resi accessibili, leggibili, esperibili.
È lì che la luce può fare la differenza: nel dare forma all’invisibile,
nell’accompagnare l’esperienza di un allestimento,
fino all’incontro con un’opera, un luogo, una storia.
Il progetto lume.HUB nasce da questa visione.
Luce per vedere, capire, immaginare.
Progetto esperienze dove educazione, patrimonio e tecnologia generano visioni accessibili e trasformative.
Lavoro con scuole, musei e istituzioni per rendere fruibile ciò che resta in ombra.
Ogni percorso nasce da un’intenzione chiara e si traduce in un metodo replicabile.